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FEDERALISMO:

PD SI ASTIENE

BOSSI: DUE MESI A TREMONTI

2009-01-22

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CORRIERE della SERA

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2009-01-22

La decisione adottata a "larghissima maggioranza" dall'assemblea del gruppo

Federalismo, il Pd si astiene

"Siamo una forza responsabile"

Veltroni: "Sono passate alcune nostre proposte. Ma restano nodi da risolvere"

Walter Veltroni (Carino)

Walter Veltroni (Carino)

ROMA - Il Partito democratico si asterrà sul voto al Senato sul Federalismo. È quanto ha deciso l'assemblea del gruppo, presieduta dal segretario del partito Walter Veltroni. Una decisione, spiega il leader, che dimostra "il senso di responsabilità" del Pd. Ma nel corso dell'iter parlamentare, l'atteggiamento del Partito potrebbe cambiare: "La maggioranza deve sapere che il banco di prova saranno la copertura finanziaria del provvedimento e l'attuazione del pacchetto Violante di riforme istituzionali - spiega Veltroni - in particolare sulla riduzione dei parlamentari e sul Senato federale". "L'astensione dei senatori del Pd - aggiunge il leader Pd - è una decisione giusta di una forza che assume la responsabilità" del dialogo "e che ha cambiato il testo originario facendo passare molte proposte".

MAGGIORANZA - La decisione sull'astensione è stata presa, come ha spiegato la capogruppo Anna Finocchiaro, a "larghissima maggioranza". Da quello che si è appreso, alcuni senatori si sono pronunciati per il no, a partire da Marco Follini. "Il lavoro che abbiamo compiuto ha dato i suoi frutti, ha ribaltato il modello del testo al Senato abbandonando la sua impostazione egoistica - ha detto la Finocchiaro - Tutto questo smentisce il cliché di Berlusconi che dipinge un'opposizione esclusivamente rabbiosa: quando la maggioranza è disposta a sedersi al tavolo, l'opposizione c'è ed è capace di cambiare il testo".

BOSSI - Intanto, il leader della Lega, Umberto Bossi, smentisce di aver inviato una lettera al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per sollecitare la presentazione dei costi del federalismo fiscale. Conversando con i giornalisti in Transatlantico, Bossi scherza: "Non ho scritto nessuna lettera a Tremonti, certo se fosse una bella donna...". Insomma, nessuna pressione sul ministro dell’Economia per quanto riguarda i costi del federalismo fiscale: "Con Tremonti ci sentiamo tutti i giorni, ma noi seguiamo con attenzione" i lavori sul federalismo per evitare che "sia smontato da un'altra parte".

BONAIUTI - E il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, assicura che non c'è nessun contrasto tra il premier, Silvio Berlusconi, e Bossi. Nel corso di un'intervista a "Italia news", in onda su Rai International, Bonaiuti ha ribadito che il rapporto tra i due "è così eccellente che non occorre commentarlo". "Il federalismo lo abbiamo lasciato come bandiera alla Lega - ha aggiunto - ma è nel nostro programma di governo" e "fa parte integrante di quel contratto che facemmo con gli elettori".

22 gennaio 2009

 

 

 

 

Il retroscena

E Bossi dà i "due mesi" a Giulio

"A marzo voglio i conti". Spuntano vecchie stime: per il federalismo fiscale non bastano 100 miliardi

Umberto Bossi e Giulio Tremonti (Ap)

Umberto Bossi e Giulio Tremonti (Ap)

ROMA — "Fino a marzo. Tremonti ha chiesto tempo fino a marzo, e noi gli daremo tempo fino a marzo". E Bossi, mentre parlava attorniato dai deputati leghisti, continuava a scrivere una ruvida lettera che di lì a poco avrebbe inviato al ministro dell’Economia. Una settimana fa le tensioni tra il senatur e l’"amico Giulio" erano arrivate all’apice: l’emendamento che consentiva a Roma di sforare i limiti di spesa regolati dal patto di stabilità per i comuni, aveva scatenato la polemica dei sindaci nordisti del Carroccio.

Quel giorno, dinnanzi alla rivolta dei suoi parlamentari, Bossi aveva convocato il gruppo della Camera e aveva esortato Tremonti a partecipare alla riunione per spiegare la questione. Ma il titolare di via XX settembre aveva declinato l’invito, facendo per di più sapere che il patto di stabilità non andava toccato, altrimenti non solo sarebbero saltati i conti ma prima ancora si sarebbe dimesso lui.

Chissà se la mossa del leader leghista, quella lettera, sia stata dettata da un sincero moto di stizza o se invece sia stato un colpo di teatro inscenato per placare gli animi dei suoi e convincerli a votare la fiducia al decreto anti-crisi. È certo che Bossi ha parlato di "marzo" come di una sorta di tempo limite: "Tremonti dice che deve fare i conti, che sta cercando di risparmiare i soldi per il federalismo fiscale. Staremo a vedere". Quella sorta di time-out serve al ministro dell’Economia, in attesa di nuovi appuntamenti europei, e soprattutto della trimestrale di cassa: perché c’è più di un timore sul crollo degli introiti derivanti dall’Iva, "e noi—ripete ogni volta Tremonti — dobbiamo stare attenti alle agenzie di rating: se declassassero il nostro debito sarebbe un disastro", vista la concorrenza dei titoli di Stato tedeschi e francesi. A marzo forse la situazione sarà più chiara, sebbene nessuno ne abbia certezza. Quando Tremonti dice che "si naviga a vista", è perché finora ogni previsione è saltata: l’anno scorso, a governo appena insediato, si riteneva che l’impatto della crisi in Italia sarebbe avvenuto in settembre, poi si spostò tutto a dicembre, e ora al primo semestre del 2009.

A marzo forse il ministero dell’Economia fornirà alla Lega ciò che chiede da tempo, e cioè una proiezione dei costi del federalismo fiscale, che ancora non c’è. "Eppure qualche dato ci dev’essere", andava ieri a memoria il sottosegretario Crosetto: "Se non ricordo male, durante il passato governo Berlusconi venne fatto uno studio. Il costo della riforma calcolato allora era superiore ai cento miliardi". Un’enormità di questi tempi. Perciò Tremonti invita gli alleati a un sano realismo. L’ha fatto capire ieri in Aula al Senato, svelando una verità che tutti già conoscevano: "Nell’attuazione del federalismo fiscale terremo in considerazione il vincolo esterno, cioè fare la riforma in un contesto di crisi. E l’obiettivo del governo è evitare che l’attuazione del federalismo finisca per intensificare e prolungare la crisi". Traduzione: non possiamo appesantire i conti pubblici.

Rispetto alla scorsa settimana le tensioni con la Lega sono diminuite, ma restano latenti. Lo testimoniano alcune battute salaci su Tremonti fatte da Bossi con autorevoli esponenti del Pdl. Ne sono prova i brusii dei senatori leghisti quando ieri il titolare dell’Economia ha detto all’Assemblea di palazzo Madama che "non è ancora possibile stimare i costi della riforma", elencando così tante variabili da prefigurare la difficoltà dell’operazione. Le parole di Tremonti hanno creato un problema al Carroccio, che attraverso il ministro Calderoli ha lavorato all’intesa con il Pd. Ora i democratici sono invece propensi a votare contro la riforma. Rischiano di spaccarsi, è vero. Ma non appoggiando il provvedimento metterebbero in crisi il progetto leghista, che mirava a una riforma condivisa con l’opposizione.

La partita sarà comunque lunga e complessa. Il momento della verità arriverà con i decreti attuativi, quando il ministro dell’Economia dovrà fornire i soldi per la riforma. Sarà allora che "Giulio" e "Umberto" metteranno alla prova il loro rapporto. Nessuno dei due intende anticipare i tempi: Tremonti perché confida in una situazione economica migliore, Bossi perché vuole che il federalismo venga varato definitivamente a ridosso delle Politiche del 2011. Avrebbe la campagna elettorale già fatta.

Francesco Verderami

22 gennaio 2009

 

 

REPUBBLICA

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2009-01-22

Veltroni annuncia l'esito della scelta emersa dall'assemblea del gruppo di Palazzo Madama

"Ma vale solo per la prima lettura, ci sono alcune cose che ci lasciano insoddisfatti"

Senato, stasera si vota il federalismo

Il Pd decide astensione "a tempo"

E Schifani elogia il "lavoro costruttivo" compiuto sul provvedimento

<b>Senato, stasera si vota il federalismo<br/>Il Pd decide astensione "a tempo"</b>

L'aula di Palazzo Madama

ROMA - Il partito democratico si asterrà sul disegno di legge delega sul federalismo fiscale che verrà approvato, in prima lettura, nel tardo pomeriggio al Senato. La conferma della scelta data ormai per scontata è arrivata nel pomeriggio da Walter Veltroni. Una scelta, ha spiegato il segretario, presa per dimostrare il senso di responsabilità del Pd, ma che il Pdl non deve intendere come definitiva.

"La maggioranza deve sapere che il banco di prova saranno la copertura finanziaria del provvedimento e l'attuazione del pacchetto Violante di riforme istituzionali", ha spiegato Veltroni. L'assemblea del gruppo del Senato del Pd, ha rivelato ancora il leader democratico, "ha votato a larghissima maggioranza (sono 9 i voti contrari, ndr) per una decisione giusta. Perché siamo una forza responsabile che raccoglie la sfida dell'innovazione e abbiamo contribuito a cambiare il testo originario" del federalismo. Questo però, ha poi precisato, "è un atteggiamento verso la prima lettura del provvedimento. Ci sono alcune cose che ci lasciano assolutamente insoddisfatti, innanzitutto l'assenza della copertura finanziaria". La maggioranza, ha avvertito ancora Veltroni, deve sapere che il banco di prova saranno questi due punti, la copertura finanziaria e il pacchetto Violante".

Le prime votazioni sul provvedimento sono già iniziate in mattinata. Quella dell'astensione è una linea che sembra apprezzata dal Pdl. Come ha sottolineato Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del partito: ''Se verrà un voto non contrario dall'opposizione, questo sarà un segnale, non solamente della bontà della riforma, ma anche del metodo di come si lavora in un paese civile, moderno e maturo''.

Anche il presidente del Senato, Renato Schifani, ha lodato il clima non di scontro che sembra esserci. In particolare, il numero uno di Palazzo Madama ha elogiato "il lavoro costruttivo che sta svolgendo proprio in queste ore l'assemblea sul testo del federalismo fiscale, dopo un esame non partigiano ma propositivo da parte di tutti presso le commissioni permanenti".

(22 gennaio 2009)

 

 

L'UNITA'

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2009-01-22

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-22

Federalismo, l'astensione del Pd apre alle riforme

di Emilia Patta

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22 gennaio 2009

"Un provvedimento con luci ed ombre". Così la presidente dei senatori democratici Anna Finocchiaro mentre l'esame del federalismo procede in Aula spedito tra voti favorevoli e astensioni sui singoli articoli. Stasera il via del Senato in prima lettura al provvedimento-bandiera dalla Lega con l'astensione del Pd. Mentre l'Udc di Pier Ferdinando Casini conferma il voto contrario. L'astensione è stata decisa nel primo promeriggio a larga maggioranza dai senatori democratici, presente Walter Veltroni, nonostante i mugugni della sinistra del partito orientata al no. Un'astensione che - in assenza di stime sui costi, come ha ammesso ieri il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - vale soprattutto come atto di fiducia e come apprezzamento del metodo. Un metodo invocato da tutti come modello per le future riforme. A cominciare dal presidente del Senato, l'azzurro Renato Schifani, che plaude al "clima di confronto proficuo e responsabile" instaurato a Palazzo Madama.

"Dal punto di vista del metodo questa riforma è importante - nota il vicepresidente del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello, impegnato sul fronte delle riforme istituzionali e dei regolamenti parlamentari -. Il voto non contrario del Pd vale come segnale non solo della bontà di questa riforma, ma anche del metodo". Una scelta responsabile, quella del Pd, che apre ora la porta a tutto il "pacchetto" di riforme chiesto da Veltroni e promesso dal ministro leghista Roberto Calderoli: Codice delle autonomie in uno dei prossimi Consigli dei ministri, l'incardinamento sempre al Senato della bozza Violante (più poteri al premier, fine del bicameralismo perfetto con l'istituzione di un Senato delle Regioni e riduzione dei parlamentari), riforma dei regolamenti parlamentari per velocizzare l'iter delle leggi del governo in cambio di più spazio e visibilità per le opposizioni. Tutti provvedimenti sui quali c'è ampia condivisione nel merito.

Ora la palla si sposta all'interno della maggioranza. Divisa sulla giustizia al punto di dover rimandare l'annunciato "pacchetto Alfano" sul processo penale e sui poteri dei Pm, previsto in Consiglio dei ministri domani, a giorni migliori. Il braccio di ferro tra il premier da una parte e Lega e An dall'altra è in queste ore sulle intercettazioni: in quali e quanti reati prevederne l'uso o vietarlo. Ha buon gioco Antonello Soro, capogruppo del Pd alla Camera (dove il Ddl intercettazioni è all'esame della Commissione giustizia), a notare che "da tre mesi Berlusconi annuncia che nel prossimo Consiglio dei ministri verrà approvata la riforma della giustizia: è evidente che c'è una divisione nella maggioranza non risolta, e questo ci preoccupa". Insomma, anche sulla giustizia il Pd è pronto al dialogo. Ma quando ci sarà un testo.

 

 

 

Federalismo, Bossi: "Nessun pressing su Tremonti per la copertura economica"

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22 gennaio 2009

Bossi smentisce i retroscena pubblicati dalla stampa, secondo i quali avrebbe scritto al ministro dell'Economia chiedendo di accelerare i conti sull'impatto finanziario del federalismo "Non scrivo lettere, se fosse una bella donna …" e con Tremonti "ci sentiamo tutti i giorni".

Appena giunto a palazzo Madama per seguire i lavori sul federalismo fiscale, ai cronisti che gli chiedono se non ci sia nessun pressing su via XX Settembre sulla copertura economica del federalismo fiscale, il ministro risponde: "No. Noi seguiamo con attenzione per evitare che ce lo smontino da un'altra parte".

 

 

 

 

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